La metà del cielo – Angelo Ferracuti

È stato proposto al Premio Strega 2020, La metà del cielo di Angelo Ferracuti e a ragion veduta, perché è un romanzo biografico che affronta il tema della perdita, dell’altro e del sé, senza scadere nel patetismo o incappare nel climax angoscioso in cui così facilmente si rischia di scivolare quando si racconta della morte.

Ferracuti vive a Fermo, cittadina marchigiana di provincia di cui racconta, sarcastico, la circolarità di idee e avvenimenti, i pregiudizi, la stanca, tossica, sempre uguale vita del borgo, e in cui si trova ad affrontare il più grande dei drammi, la sentenza di morte della moglie Patrizia, poco più che quarantenne, stroncata da un male che non lasciava modo di capacitarsene e che alla fine spazzava via la possibilità di continuare a vivere come prima.

Sostenuto da una narrazione solida, che alterna il presente con la ricostruzione meticolosa degli stadi della malattia e la propria evoluzione emotiva, al passato, eco di una giovinezza fatta di passioni travolgenti, lavorative, politiche e sentimentali, tra cui l’amore selvaggio per Patrizia che costringeva entrambi a superare ostacoli e distanze di ogni ordine per stare insieme ed infine sposarsi, Ferracuti si spinge nel cuore della desolazione, nel dramma riarso di un’esistenza impreparata ad affrontare l’impensabile e tra le ceneri, a distanza di dieci anni, raccoglie i ricordi di una vita, per salvarsi, scrivendo, dal dolore e perché quella della moglie è una storia che va raccontata.

Le parole sono sempre state il mio mondo, il modo per percepirlo ed esserci, una specie di ponte tra dentro e fuori.

Ferracuti si denuda, nelle sue normalità e piccolezze, fatte di tradimenti, litigi, ossessioni, dipendenze, abbattendo il limite della vergogna e riabilitandosi attraverso la scrittura. Lui, di certo non migliore di altri, sottoposto ad uno struggimento inarrestabile con due figlie piccole, continuerà la sua esistenza nella consapevolezza di aver avuto però la forza di fare bene almeno una cosa, accompagnare la moglie verso la fine.

Nel leggere, nel preparare le lezioni, era instancabile, quando la nostra vita insieme c’era ancora e scorreva nei suoi movimenti minimi, quando eravamo giovani e immortali, e tutto era d’oro, ogni minuto, ogni battito, ogni momento di quella vita, quel vedersi all’improvviso in soggiorno di ritorno dal lavoro, dirsi semplicemente “ciao”.

La metà del cielo sviscera l’uomo senza mai prescindere dalla donna che lo ha amato, Patrizia, lei che – Ferracuti mutua il verso da Saba “dolcezza ha negli occhi, e ferocia nel cuore”.