La banalità del male, ovvero l’incapacità di arrivare a definire da cosa abbia avuto origine un orrore talmente impossibile da sfuggire alla comprensione umana, Massini la affronta inscenando un dialogo serratissimo ed irrefrenabile tra la grande filosofa ebraica Hannah Arendt e Adolf Eichmann, il funzionario nazista che pianificò e logisticamente attuò il massacro di milioni di ebrei.
La scena è ridotta ai minimi termini, sullo sfondo riecheggiano spari, scoppi, urla e pianti quasi disumani. I riflettori sono tutti puntati sull’omuncolo stempiato seduto al buio, col viso in ombra, ad incalzarlo, ferma e risoluta intervistatrice, è una donna di mezza età, bruna, dignitosa: lui è Eichmann e lei Hannah Arendt.
Ha così inizio un dialogo essenziale, netto, che mira a rivelare la mostruosità di un uomo che ebbe il fegato di mandare a morte milioni di ebrei. Un pezzo dopo l’altro si profila la peggior miseria, la totale insignificanza dell’essere umano preposto all’organizzazione di quella che veniva chiamata dai nazisti la “Soluzione finale” – la strage di innocenti tramite camere a gas – , e la mediocre ricerca di una notorietà costruita sulla menzogna e sulla privazione della vita e della libertà altrui. Paradossalmente, scopre la Harendt, dietro un orrore così grande da risultare indefinibile, c’è la meschinità più assoluta di uomini incapaci anche solo di una presa di coscienza. Nessuno slancio culturale dunque alla base dei totalitarismi, solo la distorta aspirazione di masse ignoranti, capeggiate da funzionari insignificanti, a primeggiare, costi quel che costi.
“Lei ha tolto la casa, i soldi, la dignità a 150000 persone solo per dimostrare che era bravo. Per ricevere una telefonata. Si rende conto di quanto siamo fragili, tutti?”
A che punto inizia la notte? In quale momento e per quale motivo, si chiede Hannah, l’oscurità uccide il giorno? Osservando il cielo da un punto di vista contrario alla luce, è possibile cogliere il passaggio da luce a ombra o la fenomenologia di un tale evento confonde la mente umana? La verità è che dietro alla deportazione e allo sterminio ebraico ci sono solo dei miserabili come Eichmann la cui più grande aspirazione era comparire nella stessa fotografia del Führer.
E la verità più grande è che la dignità è innata e qualcuno, non primeggiando, ma resistendo, l’ha insegnata.
“ … e la risposta – adesso lo so – era in fondo solo una: la vera dignità è di chi non pensa mai di essere inutile”
Massini, efficace come sempre, tocca i punti fondamentali di un tema cruciale e lo condensa restituendolo, dirompente, al pubblico.

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