È quello che ti meriti – Barbara Frandino

L’ESATTEZZA DI UN NON-AMORE

È corsa via, Claudia. Ha lasciato a metà la colazione che stava consumando in un bar ed ha iniziato a correre. Le gambe più veloci della mente, lanciate per obbedire più che alla ragione – offuscata da un dolore che non si manifesta – alle regole di un’appartenenza speciale, financo tenera, quella tra moglie e marito.
Antonio ha avuto un incidente. Era nel giardino di casa quando è improvvisamente caduto dalla scala e non si è ripreso. Infarto, hanno spiegato a Claudia quando si è presentata in ospedale. E dunque la questione ora è che, quando Antonio tornerà a casa, Claudia dovrà affrontare gli angoli più taciuti di sé e un rapporto consumato, ridotto all’osso, infestato dalle carcasse di tutti gli errori rimasti in sospeso.

Sono le stanze vuote di Claudia a determinare l’andamento della storia. Al centro di tutto, le mancanze di un legame finito e un dolore represso che, da dietro le quinte, guidano ogni gesto, ogni parola, ogni silenzio.
Abituata a ricostruire la vita degli altri dai dettagli – di lavoro fa la ghost-writer -, Claudia ha presto capito che il marito la tradisce, eppure ne rifiuta l’idea, almeno fino all’impietoso momento in cui Antonio le comunica la nascita di un figlio fuori dal matrimonio. Nonostante lo sgretolamento del loro amore sia iniziato ben prima, Claudia insiste nel procrastinare a la consapevolezza del fallimento, in aperto contrasto col suo cuore che l’ha certamente registrata per poi censurarla dentro al nebuloso meccanismo difensivo dell’oblio. La spaccatura nella donna è talmente profonda ed evidente da lasciarla disabitata, in preda a considerazioni lucide e spietate sulla natura del desiderio e sul suo decorso, inesorabilmente affidato al caos – “a volte ti porta in luoghi inattesi, altre volte, semplicemente, ti lascia con le vele stracciate”.

In questa serratissima guerra dei sentimenti, dove l’odio e l’insofferenza per l’altro lavorano, spietati, in sottofondo, Barbara Frandino realizza l’esattezza di un amore che non esiste più, restituendo con precisione e sintesi perfetta l’atrocità del conflitto tra l’abitudine all’immobilità e un istinto di sopravvivenza che lotta contro la cronicità del dolore mentale.
Cosa si è disposti a fare per perdonare? Forse anche a vestire i panni del torto, sempre che questa sia la soluzione definitiva.

«Conoscere che cosa ci ha reso quello che siamo fa la differenza tra sopravvivere e vivere come ci pare»