Nel 1947 a Canwood, nel Saskatchewan canadese, un omicidio scuote la comunità tutta. L’atroce delitto viene imputato al barbone del villaggio, un uomo che tutti chiamano Bill Zampe di coniglio.
Per costruire questo romanzo esplosivo, Helen Humphreys parte da un fatto di cronaca nera realmente accaduto e dai resoconti di un ragazzino che a quel tempo viveva a Canwood e che in seguito divenne sovrintendente presso l’Ospedale Psichiatrico di Weyburn, dove gli esperimenti con l’LSD erano all’ordine del giorno, sia tra i medici che tra i pazienti.
Nel romanzo Bill vive in una casa tutta ricavata dentro ad una collina, l’ha scavata con le sue mani e l’ha foderata di assi di legno. Una vera e propria tana, come quelle dei conigli a cui dà la caccia per farne amuleti apotropaici che poi rivende in città. Il suo unico amico è Leonard, un ragazzino solitario e bullizzato dai compagni di scuola, che tra le braccia di Bill si sente libero di esercitare i diritti propri di un’infanzia che sembra non poter esprimere in altri modi. Con Bill, Leonard plana sopra le cose, si arrampica sui pendii per osservare le regolarità del panorama a valle, intuisce le regole di una natura selvatica che gli appartiene così come lui appartiene a Bill, un energumeno che scansa il mondo e fa a meno delle parole.
Un pomeriggio, mentre Bill lavora nel giardino di una compaesana, Leonard viene infastidito dal solito ragazzino: Sam Munroe. Quel che accade, accade in fretta, un evento tragico e irreversibile che cambia per sempre il destino di Bill – che viene processato e condannato all’ergastolo – e di Leonard, che rimane da solo in una comunità che non lo capisce, ammalato di nostalgia per la perdita dell’unico, vero affetto della sua vita.
Una decina di anni dopo Leonard, appena laureato, trova lavoro presso l’Ospedale psichiatrico di Weyburn. È stato assunto per dare un contributo agli studi sulle innovative terapie farmacologiche a base di LSD che iniziano a prendere piede in quegli anni. Sullo sfondo è chiara la condanna morale dei manicomi e dell’internamento coatto senza possibilità riabilitative.
Leonard è un novellino, un giovane medico insicuro, disperso in un dolore invisibile che lo trascina, la sua esistenza è tutta in balia di emozioni che gli accadono per sconquassarlo, per questo la sua sorpresa e la sua gioia arrivano al culmine quando scopre che nell’ospedale in cui lavora è ricoverato anche Bill.
Questo incontro inaspettato fa riemergere un passato sconosciuto, mai raccontato, perso nelle pieghe di un dolore mentale che pare inaffrontabile, ed è in questo momento che la grazia dell’autrice si posa su un’umanità ferita a morte e poi abbandonata, su tutte le vittime collaterali che la sofferenza mai curata genera, sui meccanismi di difesa che la psiche naturalmente innalza e sul bivio a cui ci si trova davanti quando si è troppo esposti al fuoco: puoi essere come il tuo nemico, oppure diventare l’opposto.
Ed è chiaro il motivo per cui Leonard e Bill si conoscono da sempre: l’inquietudine che li ha partoriti.
Ad Helen Humphreys vanno tutti gli onori per aver tradotto sulla pagina il loro disperato grido di aiuto, dal profondo di questa vita che, presa tutta insieme, ci rende folli.
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