New York, Andrea Bern ha quasi quarant’anni, è spigliata, originale ed ha le sue soddisfazioni lavorative, anche se odia il lavoro che le dà da mangiare. Andrea è un’artista mancata ed è soprattutto single. Essere single alla sua età la espone a giudizi ed interpretazioni molteplici, tra tutti uno: se sei single hai un problema, sicuramente sei immatura, una persona “al contrario”.
Dentro ad una cornice spiccatamente newyorkese – “Le racconto del mio meeting a Times Square durante il quale ho visto un esercito di donne dipinte in topless che posavano con i turisti per soldi; le racconto delle due persone travestite da personaggi Disney che ho visto prendersi a pugni; le racconto che ho mangiato un hot-dog da una bancarella dopo che un incontro con un cliente era andato male e di come dopo averlo finito ne ho mangiato un altro, su una delle sedie sparse a Bryant Park” – Jami Attenberg, penna vivace e suprema, creatrice di capolavori assoluti come Santa Mazie, si insinua tra le pieghe della vita di ogni giorno e la descrive per quello che è: una corrente a cui adattarsi, navigando a vista, scegliendo una strada piuttosto di un’altra assecondando le proprie attitudini e certezze (nel caso di Andrea niente figli, niente matrimonio, sporadici rapporti con la famiglia che pur ama moltissimo).
A navigare in questo fiume Andrea è brava e, contrariamente all’immagine anti-eroica che offre di sé una single impenitente, frequentatrice di uomini appena conosciuti, occasionalmente dedita al fumo e all’alcool, Andrea Bern è anche una donna vincente con uno stile ben preciso, sensuale e fuori dal comune.
Ammettere di essere una figlia, una sorella e un’amica complicata ha il raro colore della sincerità, un’irresistibile tonalità adamantina che traspare accecante dalle righe di tutto il geniale, intenso, romanzo, in un percorso introspettivo che collega tra loro i diversi capitoli del libro raccontato esclusivamente in prima persona.
Ammettere tutto ciò che si è porta però a scoprire quello che ancora, invece, non è chiaro e che rimane sul fondo della valigia emozionale di ognuno; è così che la Attenberg affronta, disfacendo questo bagaglio fatto di grande raffinatezza emotiva, il percorso di crescita individuale di Andrea, alla ricerca del bandolo di una matassa normalmente intricata.
E Andrea piace, piace al lettore perché è naturalmente stabile e instabile, perché fronteggia, seppur con difficoltà, il presente con le armi spuntate che un passato difficile le ha voluto lasciare – “Le storie sulla mia pessima infanzia sono il mio forte” – e piace perché ci prova nonostante tutto ad andare avanti e fa di sé un personaggio indimenticabile e positivo.
“Posso dirvi una cosa notevole di quel periodo, anche se l’ho capita solo ora. Non pensavo mai alla morte, come invece faccio adesso. Non mi preoccupavo mai di morire. Pensavo soltanto ad essere viva”
Con “Da grande”Jami Attenberg conferma la propria eccellenza nel restituire l’Umanità, calandocisi dentro fino a toccarne il fondo e uscendone con una grande protagonista e una grande storia, porgendo al lettore un libro tosto, piccolo ma letale, che arriva al cuore per gradi, sorprendente, inaspettato e incalcolabile, esattamente com’è la vita.