Il romanzo polifonico dei Pirenei
È fatto di terra di montagna, di rocce, di funghi, di pioggia, di nubi, di streghe, di fantasmi, di orsi, di caprioli, di donne e uomini il romanzo di Irene Solà.
Ambientato in un paesino sui Pirenei, racconta la vita e la morte attraverso le voci degli elementi naturali che determinano il destino degli uomini e della natura tutta che diventa un luogo d’elezione, leggendario, ispiratore di poesia, dominato dai bisogni primari che l’autrice espone con istintiva forza e un vocabolario carico di primizie.
Pur affidando parte del racconto a cose e animali, l’astrazione è scongiurata da una lingua materica, che sgorga diretta dalla fonte a cui Solà ci conduce senza manierismi, sviluppando il racconto per associazioni affettive tra le diverse voci, insistendo sulle azioni, sporcandosi le mani con lo stesso fango in cui scendono i suoi personaggi, assorbendo il loro dolore, elevando il loro canto oltre nubi.
Le poesie di chi è morto si mescolano allora ai ricordi di chi ancora si deve guadagnare i giorni masticando polvere e luce, accogliendo ombra e perdono nel silenzio di una casa antica, mentre la montagna resta a guardare, estranea ai destini di ogni creatura che ospita, disseminata di storia e magia.
«Ti fanno desiderare una vita piccola. Una vita striminzita, come un bel sassolino. Una vita che ti entri in tasca. Come un anello, come una mandorla. Non ti dicono che i sassolini si perdono. Cadono dal buco di una tasca. E che se si perdono, non puoi più sceglierne un altro. Un sassolino perso è un sassolino perso. Butta anche il cuore, qui, in mezzo alla strada, tra il fango e i rovi»

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