È un’eredità fatta di mancanze quella che il padre di Bergljot le lascia dopo anni di silenzi e ricatti morali, non le ville marine di famiglia in cui ha trascorso l’infanzia le saranno di conforto, non una spartizione equa del patrimonio tra lei e i suoi tre fratelli, perché di equità nella vita che ha vissuto ce n’è stata ben poca. Quando il capofamiglia muore i fantasmi che per decenni erano rimasti silenti tornano a galla, rievocati da un testamento che, necessariamente, rimette in contatto Bergljot con i fratelli e la madre, anafettive presenze lontane.
Teso come una corda di violino, il racconto si sposta dal piano presente – in cui una Bergljot sull’orlo del tracollo emotivo sfoga le sue frustrazioni tra serrate sedute di psicanalisi, solitarie passeggiate nelle nevi boschive norvegesi, disperate nottate alcoliche e asettiche mail inviate ai fratelli e alla madre, unici spazi dedicati al confronto – al piano passato con la ricostruzione procrastinata, fatta da attimi di memoria ritrovata e realistici sogni evocatori, dell’evento che ha portato alla scoscesa ed insanabile frattura famigliare.
Hjort è magistrale nel mantenere alto il livello della narrazione pur affrontando una storia in cui non sono i colpi di scena a scandirne il ritmo bensì lo svisceramento psicologico della protagonista, una lenta erosione nella roccia granitica di un’intimità complessa, profondamente segnata dall’abuso e dal senso di colpa. La penna dell’autrice scava accurata nella cognizione del dolore, della disillusione, del sommerso e del riemerso della sua protagonista riprodotti così come vengono, progressi e stalli inclusi, in una resa sistematica del meccanismo psicologico di una donna imbavagliata dalle continue negazioni di una famiglia che convenientemente non le crede, non l’ascolta, che per sua stessa sopravvivenza non può offrirle una possibilità.
Questa ricostruzione psichica è talmente lucida e profonda che viene da chiedersi se non sia il frutto di una vicenda autobiografica. Molto risalto è dato anche a quanto taciuto dai protagonisti di questa storia tesa, giocata sul filo sottile di un’accusa implicita, di un rancore mai estinto, di un’immagine familiare da salvaguardare a tutti i costi e, per contro, sul legittimo rifiuto ad avallare un sistema omertoso che ha inquinato le vite di tutti i suoi componenti.
Acclamato dalla stampa norvegese come uno dei più bei romanzi di tutti i tempi, Eredità di Vigdis Hjort, che Fazi Editore porta all’attenzione del pubblico italiano, è una potente incursione nella delicata psicologia di una donna strappata, appesantita dal fardello di un’infanzia drammatica che l’ha compromessa irrimediabilmente senza però riuscire ad annullarla, ed è anche un lancio mirato nelle profondità di un passato che non deve riemergere.

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