In letteratura l’espressione “cigno nero” viene usata per definire un evento di grande impatto, imprevedibile e molto raro che si discosta da ciò che normalmente ci si attende in ambito storico o scientifico. Nessuno infatti riteneva probabile la possibilità di ritrovare dopo più di duecento anni un tesoro di inestimabile valore ancora intatto. Nel 1802, infatti, la Merced, una fregata spagnola, affondò con tutto il suo carico – più di cinquecentomila monete d’oro e d’argento – e il suo equipaggio in seguito ad un inaspettato attacco della marina militare britannica. I resti dell’imbarcazione vennero individuati nel 2007 da una società di ricerche sottomarine americana che, in ragione di questa sensazionale scoperta, ne reclamò il patrimonio. A partire da questo ritrovamento, che è un vero e proprio Cigno Nero da un punto di vista archeologico e culturale, si dipana il racconto che Paco Roca firma insieme a Guillermo Corral.
Basandosi sulla sceneggiatura di Corral che fu direttamente interessato dal ritrovamento del prezioso tesoro – ex-funzionario del ministero dei Beni Culturali spagnolo e diplomatico -, Roca restituisce una storia di grande interesse archeologico, in bilico tra spy-story e romanzo d’avventura. Fitti sono gli intrighi internazionali che condizionano la vicenda, in primo piano è il braccio di ferro tra Spagna e America per l’attribuzione della proprietà del Cigno Nero, contesa tra un cercatore di tesori senza scrupoli, Frank Stern e un giovane apprendista diplomatico, Alex Ventura. Presente anche l’elemento romantico con cui si dà alla storia un taglio romanzato che la completa dal punto di vista umano, affezionando il lettore ai suoi protagonisti: Elsa, archeologa navigata, più esperta di diritto dei beni culturali che di faccende di cuore, è la nota delicata e sensuale intorno a cui gravita Alex per tutta la durata del racconto.
Servendosi di una matita pulita ed essenziale, Roca organizza la narrazione in griglie fitte quel tanto che basta per permettere al lettore di muoversi tra i meandri di una storia intricata senza perdersi strada facendo. La gradevolezza del disegno è accompagnata da una palette di colori che vira dal senape al viola tenue al verde salvia e Roca la usa per rappresentare il tempo e il luogo, di un archivio storico impolverato, di un tramonto sull’oceano dal ponte di una nave, di un deposito militare segreto. Pregevole la tarsia all’interno del volume in cui è raccolta la storia della Merced, ricostruita su tavole color seppia che ricordano la carta ingiallita dei documenti antichi, delicati acquerelli che fermano gli istanti di una tragedia dimenticata.
Il tesoro del Cigno Nero conferma la bravura di Paco Roca alle matite e all’adattamento scenografico di una storia che affronta le tematiche importanti della salvaguardia del patrimonio archeologico di una nazione e dell’umanità, ricchezza che si nasconde dietro ad ogni tentativo di riportare alla luce le voci di chi, per un lungo momento, è scomparso tra le onde del tempo.
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