L’anno del contagio – Connie Willis

Dopo una moltitudine di anni fuori catalogo, Fanucci editore riporta nelle nostre case un romanzo epico, un concentrato di fiction purissima, sontuosa, che ha fatto vincere a Connie Willis il Premio Nebula nel 1993.

Sì, perché L’ANNO DEL CONTAGIO è ambientato in un futuro prossimo, perfettamente assimilabile ai giorni nostri, in cui, alla vigilia di Natale – ecco perché ho deciso di scriverne proprio ora – una studentessa di storia antica e archeologia si prepara a compiere una spedizione nel passato. La tecnologia ha fatto passi da gigante e i viaggi temporali, seppur con le dovute cautele, sono stati sdoganati dalle Università ai fini della ricerca.

Kivrin Engle, che studia storia medievale a Cambridge, si è preparata a lungo per affrontare la sua missione: ha studiato il latino medievale, ha tentato di acquisirne la pronuncia, si è sottoposta a tutti gli esami clinici necessari e a tutte le vaccinazioni possibili immaginabili per contrastare le malattie che infestavano quei tempi remoti. E ora è pronta, verrà inviata nel 1320 per documentare quell’epoca in presa diretta.

Ma, come in tutti i grandi romanzi di suspense, l’intoppo è dietro l’angolo e qualcosa nella procedura non funziona. Il tecnico che ha inviato Kivrin nel passato corre, in preda al delirio, ad avvisare il tutor della ragazza, il Signor Dunworthy, ma gli sviene tra le braccia.

Di lì a poco sarà chiaro a tutti che un virus sconosciuto sta circolando nel campus universitario e che l’unica via di contenimento è la quarantena.

E Kivrin? Connie Willis ci racconta della sua odissea in un’Inghilterra sconosciuta, fatta di piccoli villaggi dispersi nel folto di distese disabitate, e ci presenta, ricostruendola meticolosamente, la vita del 1300 inglese. È inverno, e le aperture delle case sono tappate con dei pezzi di tela, il fuoco dei grandi camini non basta a riscaldare tutti, i bambini – quelli fortunati – vestono sempre gli stessi cenci. Ripescata da un prete poco dopo il suo trasferimento temporale, Kivrin ha smarrito la via del ritorno e non sa come tornare al sito di arrivo. Inspiegabilmente, anche lei ha contratto una malattia grave che la lascia per molti giorni in fin di vita. Accolta da una famiglia di Skendgate, un villaggio vicino al sito archeologico che doveva visitare, Kivrin è accudita nel migliore dei modi possibili e inevitabilmente si affeziona a tutti i suoi componenti.

Nel frattempo, nel presente, anche gli abitanti del campus sono messi a dura prova: rinchiusi nel perimetro dell’isolamento devono fare i conti con la propagazione del virus e con le responsabilità sulla vita di Kivrin, che a causa della quarantena non può essere recuperata e che si scopre essere stata inviata non nel 1320, bensì nel 1348, anno della Morte Nera, l’epidemia di peste che uccise quasi un terzo della popolazione del vecchio continente.

L’ANNO DEL CONTAGIO è precursore di altri importanti romanzi sui viaggi nel tempo, come Timeline, e il ritmo narrativo è movimentato alla stregua di un Jurassic Park.

Il lavoro di Connie Willis è encomiabile: i riferimenti storici e le ricostruzioni degli usi di vita sono molto precisi, eppure in quasi settecento pagine non c’è uno stallo: la storia è assimilata talmente bene da poter essere divulgata con scioltezza a beneficio di un lettore sorpreso, soprattutto in questo periodo, di trovarsi gomito a gomito coi personaggi di cui sta leggendo.

(Se posso, un consiglio di lettura: per non guastarvi neanche uno dei tanti colpi di scena che troverete nel romanzo, saltate a piè pari la seconda di copertina e gettatevi alla cieca nella storia che la Willis ha scritto per tutti noi!)