L’Approdo – Shaun Tan

Rilegato in un formato che ricorda i vecchi album di fotografie di pelle, L’Approdo di Shaun Tan racconta per immagini la storia di un migrante, costretto ad abbandonare la sua città, ormai divorata dalle ombre scure della carestia che si stagliano come mostri dalle estremità aguzze su un cielo immobile che sovrasta e comprime ogni libertà. Questo migrante semplice, dentro ad una giacca un po’ larga e un cappello di feltro, ha una moglie e una figlia che lascia sul binario a senso unico della partenza, dopo aver tenuto loro a lungo le mani e affidato un piccolo uccellino fatto di carta, segno di una speranza che continua a mantenersi viva, accesa. Quest’uomo appena partito, esule da un istante, non ha nome né parole perché L’Approdo è un silent book, un graphic novel senza dialoghi che affida l’esclusività della narrazione alle immagini.

Shaun Tan commuove per la bellezza e la raffinatezza dei suoi disegni, anticati, rifiniti con l’eleganza di mille dettagli che si perdono tra il reale e il fantastico ma possibile, nuovi cibi, nuovi codici di comunicazione, nuovi animali da compagnia in questa megalopoli affollata di anime che cercano la salvezza, e per gli istanti che sceglie di ritrarre. Tan imbastisce una trama fatta di dagherrotipi, ritratti più veloci delle parole che tuttavia suscitano le stesse profonde emozioni. I suoi attimi sono storie di esuli provenienti da ogni angolo di mondo e da ogni epoca, e insiste sull’intimità, di una solitudine, del primo pezzo di pane messo sul tavolo, dei mille rifiuti alla ricerca di un lavoro, di una cena offerta in povertà, delle tante piccole finestre aperte in un muro infinito, affacciate ad un cielo di ricordi e attese.

Le immagini si susseguono, a tutta pagina – per rendere la vastità dei luoghi da cui si fugge o a cui si giunge – e in sequenza rapida, serie pensate alla stregua di scatti fotografici per rendere lo sviluppo dell’azione, sempre singola, per coglierla nella sua sacralità, e dell’emozione che ne scaturisce.

Come ritagli ingialliti dal tempo ed incollati sulle pagine sbiadite di un vecchio raccoglitore un po’ sdrucito, i disegni di Tan affrontano con la loro bidimensionalità a tutto tondo, volta a sfondare perfino la quarta dimensione, la temporale, un tema doloroso con la stessa grazia che avrebbe avuto il migliore dei film muti, un Chaplin del disegno che non indugia nella disperazione ma la trasforma in messaggio universale di umanità e speranza. E nella città delle possibilità gli uccellini di carta volano sempre, consegnando messaggi dove nessun telefono o mezzo potrebbe arrivare, riunendo affetti e tendendo coi becchi un filo tenace, imperituro, che lega gli esseri umani alla vita e al loro diritto di lottare per viverla sotto un cielo sgombro, verso cui poter alzare lo sguardo.