La malattia è il confine tra la vita e la morte, un tempo sospeso fatto di attesa e confessione. Gli istanti che compongono una quarantena sono infiniti, in bilico tra follia e lucida sopravvivenza e Mauri li consegna alle pagine di questa illuminante antologia di racconti.
Inquietante, infido, pericoloso il virus innesca le più svariate paure nell’animo umano, che Mauri disseziona e ricompone con queste dodici storie, ciascuna tassello di uno stesso quadro. Si ammala la carne, e con essa si ammala l’amore, nessun luogo è più sicuro, né che si tratti delle braccia di una moglie, di quelle di un amante o del grembo di una madre. La sopravvivenza alla quarantena non è più solo una capacità fisica ma anche un’attitudine mentale che si infrange in uno specchio maledetto dentro al quale non si vorrebbe mai guardare.
Le corsie di un ospedale, le camere asettiche, illuminate a neon, le fosse colme di cadaveri in putrefazione sono l’incubo calato in una realtà parallela dove sopravvivere a un male che rimane aggrappato alla carne e alla coscienza è il motore che muove l’umanità.
Mauri è magistrale nel creare atmosfere soffocanti, angosciose, insidiose e ustionanti, incalza il lettore col morbo della follia e la corruzione del corpo, non risparmia nessuno e nessun posto, e queste dodici storie essenziali, crude, vigorose che inarrestabili si impiantano nel cuore del soggetto contaminato crescono come urla malate, come poesie silenziose alla fine del mondo, scritte per chi dentro ha la vita.
“Ti ho aspettato in giardino. Ho aspettato che sbocciasse l’unico fiore del tuo ritorno. E non erano pomeriggi di follia, abbandonati al contagio della vita, come alcuni credevano”

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