La piena – Philippe Forest

Non è un romanzo semplice quello che Philippe Forest propone con La piena. Probabilmente, dato il suo passato non poteva che essere altrimenti.

La piena nella vita di un uomo arriva improvvisamente, e in questo caso fa seguito ad un lutto importantissimo che segna l’essenza umana per sempre, una piena incontenibile che straborda dai limiti fisici dello scrittore e raggiunge la città d’origine dove Forest si era ritirato a vivere.

Il paesaggio entro cui si muovono le voci di questo romanzo – uno scrittore vicino di casa, un’amante musicista e un gatto – è quasi un paesaggio lunare. Sopravvive sulle rovine di ciò che era stato prima e va all’origine delle cose, fa toccare con mano nuda le fondazioni, le preparazioni degli edifici, fino a raggiungere lo sterile.

Il viaggio Forest lo compie dentro di sé, ondeggiando con grande maestria tra il dentro e il fuori, in un’atmosfera surreale che rimane in bilico tra la realtà e la follia.Il titolo del romanzo fa da contrappeso a ciò che davvero impregna queste pagine quasi poetiche : l’assenza. Un’assenza talmente grande che esonda e tutto ingloba, che inesorabile avanza eppure non lascia presumere una perdita totale di sé.

Raffinato per lingua e prosa, La piena, conduce su fondali mentali di cui prima si ignorava forse l’esistenza, in un’introspezione che scivola tranquilla come un romanzo semplice.

 

“Tutti e tre forse rientravamo nel numero di quelli che lui chiamava “i riapparsi”:reduci da un mondo di cui avevamo perso qualunque ricordo ma che ci aveva marchiati sulla fronte con una lettera di fuoco che eravamo i soli a non poter leggere, e che faceva di noi degli emarginati, inadatti a vivere realmente nel mondo in cui sembravamo aver ripreso il nostro posto, fantasmi sui quali pesava un’oscura e implacabile maledizione”