Maria Antonietta – Lettere inedite

L’evoluzione di una regina

 

Sull’iconica figura dell’ultima regina di Francia sono stati versati fiumi d’inchiostro e di parole. Dopo la sua morte collezionisti a lei contemporanei diedero il via ad una forsennata ricerca di ciò che le era appartenuto, un oggetto da toeletta, un brandello di veste, una ciocca di capelli avevano il potere di trasmettere quasi per osmosi particelle di una vita grandiosa e tragica che, pur correndo sulle bocche di tutti, sfuggì nella sua vera sostanza a molti.

Qualche secolo dopo Stephan Zweig, che con la sua esemplare biografia romanzata tentò di scardinare i luoghi comuni che da tempo immemore gravavano sulla regina e che la descrivevano come una despota del tutto disinteressata al benessere del popolo – celeberrima la frase a lei attribuita :«Se non hanno più pane, che mangino brioche» -, ne fece un’eroina involontaria, una donna del tutto comune, travolta da un destino feroce che le permise di brillare moralmente solo alla fine della sua vita, davanti ad una sentenza di morte ormai certa. Anche la regista Sofia Coppola le regalò uno splendido ritratto, magistralmente interpretato da Kirsten Dunst, nel film che porta il suo nome, Marie Antoinette, aprendo cinematograficamente la strada ad una rivalutazione del personaggio politico e storico, accentrando l’interesse sul temperamento di una donna che, travolta dalle trame politiche delle dinastie di Austria e Francia, si ritrovò sulla soglia del trono neanche quindicenne.

Le lettere inedite che Edizioni Clichy pubblica per la prima volta in una bella edizione curata da Catriona Seth (specialista del Settecento, membro della British Academy e dell’Académie Royale de Belgique e docente all’università di Oxford), costituiscono l’inedito carteggio intercorso tra la delfina di Francia, poi Regina dei francesi, e l’ambasciatore austriaco a Parigi, il Conte Mercy che Maria Antonietta considerava tra i suoi più cari amici e confidenti, a cui più di una volta aveva affidato il compito della corrispondenza con la famiglia imperiale austriaca, e senza cui, durante il tormentoso periodo della Rivoluzione, rivelò di sentirsi persa.

Da questi scritti, alcuni autografi, altri trascritti proprio da Mercy perché criptati – durante il periodo di detenzione alle Tuileries diventò rischioso sia per la regina che per i suoi destinatari ricevere messaggi, si provò allora ad inviare lettere criptate, alcune scritte con l’inchiostro simpatico, altre camuffate da carta da imballaggio, decifrabili solo consultando la stessa edizione di un testo letterario, cosa più semplice a dirsi che a farsi soprattutto se il destinatario era impegnato in affari che lo tenevano lontano dalla biblioteca di casa, condizione in cui spesso si trovavano sia Axel von Fersen che Mercy – si raggiunge, senza intermediari, Maria Antonietta stessa.

I messaggi, che la regina con l’avanzare dell’età scriveva da sola e nei momenti che riusciva a ritagliarsi dai vari impegni politici e mondani, mostrano una donna che cresce in consapevolezza e impegno. Non più una sprovveduta schiacciata dai giochi politici altrui, ma una figura conscia del ruolo che riveste, sinceramente convinta di dover salvaguardare la monarchia per il bene di Francia e del Delfino di cui è, sopra ogni cosa, madre. E poi, la parte più intima, le preoccupazioni per la sorte della sua famiglia – la nostra situazione è orribile – e l’amarezza per gli affetti che non rivedrà, forse, più.

Si sono dette e scritte tante cose su questa regina dall’incredibile e tragica sorte e, tra le tante, le più affascinanti e dirette ce le consegna proprio lei con queste lettere.