L’Odissea raccontata da Penelope, Circe, Calipso e le altre – Marilù Oliva

Quando a parlare sono le donne.

Affidando la narrazione del poema omerico alle sue protagoniste e non all’eroe, Marilù Oliva compie un innovativo ed interessante cambio di rotta. Quelle figure femminili che nell’epos originario hanno sostenuto la complessa e fitta trama narrativa, pur restando in un certo modo sullo sfondo, ora trovano l’occasione per risaltare. Il lavoro di rivisitazione che l’autrice compie sul testo è molto accurato e ricalca – seppur sfruttando l’immediatezza della prosa – l’antico incedere della narrazione, tentando di riprodurne la musicalità grazie all’uso mantenuto di ripetizioni, figure retoriche ed epiteti.

Il racconto, sviluppato in prima persona, cambia voce ad ogni capitolo, ed è intermezzato dal commento di Atena, controparte divina che tutto soprassiede. Il sipario si alza su Calipso, raffinata seduttrice, quasi sfacciata nel mostrare la sua carnalità e passione per un uomo che è diventato infine una debolezza, la segue Nausicaa, statuaria nella sua immaturità giovanile, turbata dallo sconvolgente desiderio per quel re camuffato da naufrago. Circe che svetta, per malizia e intelligenza, lascia partire Odisseo con una nota di rimpianto che tuttavia l’attraversa fugacemente. E poi sono le sirene, invincibili, mostruose ammaliatrici che da chiunque possono cavare qualcosa tranne che da Odisseo e Euriclea, schiava e nutrice, ormai giunta alla fine della sua vita, aspetta la morte come una liberazione, ma il fato le concede la gioia di assistere al ritorno del suo re ad Itaca. Penelope chiude il cerchio, maestosa, rivestita di dignità e astuzia, ha resistito vent’anni per il figlio, per il regno, per un marito che non torna. Oliva la colloca al centro della scena finale, la fa assistere al massacro dei Proci, la fa esultare, seppure silenziosamente, e le concede l’intima rivincita di resistere, sulle prime, al marito, da vera regina quale è.

In questa Odissea attualizzata non v’è nulla che non trasparisse già dal poema omerico, ma il grande merito dell’autrice è quello di avergli dato un tono diverso, invertendo il primo piano dell’eroe col secondo piano occupato dalle dee, dalle maghe, dalle schiave e dalle mogli, eterne figure di grande complessità letteraria che in questo rinnovato, vibrante viaggio vivono di luce propria.