Saul ha ventotto anni, è uno storico universitario e conduce ricerche sul sistema politico e sociale dell’Europa dell’Est. La sua bellezza è folgorante, quasi indescrivibile, tant’è che è diventato la principale fonte d’ispirazione di Jennifer, astro nascente della fotografia inglese di fine anni Ottanta e sua imprevedibile fidanzata.
Una sera, però, Saul, attraversando la strada a piedi, ha un incidente. Pare che non si sia fatto niente, nonostante zoppichi e perda sangue dalla mano. Tornato a casa da Jennifer le propone di sposarlo. Ma Jennifer, inspiegabilmente, lo respinge e rifiuta la proposta. Depresso, Saul si trasferisce a Berlino Est per continuare da vicino le sue ricerche.
Durante questo soggiorno, lontano da Londra e da Jennifer, Saul si interfaccia con una realtà visionaria, che sembra giocarsi su diversi piani temporali. Le scene che vive sono fatte di anticipazioni e ricordi, immersioni notturne in acque segrete, amori che smarginano gli uni negli altri, dettagli incandescenti di vite cresciute all’ombra della censura e del regime. Frammenti fotografici che, messi insieme, compongono un quadro in evoluzione, il cui significato ci sfugge.
Saul sembra vivere per fotogrammi, per tocchi di intensità, flash restituiti da un sogno di cui non conserva memoria.
Trent’anni dopo, riattraversando la stessa strada, la famosa Abbey Road dei Beatles e delle fotografie di Jennifer, Saul ha un altro incidente. E, come in Sliding doors, la sua realtà si sdoppia, in certi punti si triplica, producendo diramazioni surreali.
Il lavoro di Levy procede allora per scarti, visioni, parallelismi e assonanze. La memoria di Saul è rimasta ferma al 1988, gli ultimi trent’anni completamente da ricostruire. Il suo diventa un volo a precipizio nelle acque fulminanti e poetiche di una vita al neon, il corpo destrutturato, fatto a pezzi davanti agli obiettivi delle macchine fotografiche, la nuda anima – come ci suggerisce il suono contenuto nel suo stesso nome – inchiodata alla croce del tempo e al suo relativismo.
Non è facile seguire Levy neI suo contorsionismo letterario. I lanci e le riprese sono innumerevoli e si accendono a intermittenza come le luci stradali di una Mulholland Drive di inchiostro. Cosa è successo a Saul? Cosa gli succede? Dov’è stato? In quale tempo?
Tutto quello che sappiamo è che questa storia, e tutte le sue declinazioni, accadono nello spazio che intercorre tra un marciapiede e l’altro, la stessa misura temporale che è servita ai Beatles per attraversare la strada, la stessa che Saul, ancora e ancora, mano nella mano con il lettore, si trova a dover usare.
«Ciao, Saul. Come va?».
«Sto cercando di attraversare la strada» risposi.
«Sì» disse lei «è da trent’anni che cerchi di attraversare la strada, ma sono successe un po’ di cose nel frattempo».

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