È la prima delle sue raccolte di racconti. Fu pubblicata nel 1952, dopo essere apparsa a più riprese sul New Yorker, giornale di cui Harold Brodkey fu anche redattore. Mi riferisco a PRIMO AMORE E ALTRI AFFANNI, ora pubblicata in una bella ed aggiornata edizione per i tipi di Fandango Libri.
I racconti contenuti nella raccolta sono dieci, e come dieci parti di uno stesso specchio spezzato, riflettono l’intima realtà del personaggi che li popolano.
Alcuni di questi sono indiscutibilmente autobiografici e rimandano all’infanzia dello stesso autore.
Solitaria, incarnata dal colore rosso dei mattoni di St.Louis, la tonalità calda e gessosa del laterizio si sostituisce alla madeleine proustiana, proiettando i suoi echi lontani nel presente, rivelando le più remote realtà dell’amore.
È così che, tra le pieghe di un’ordinarietà sbalorditiva, fatta di sogni impetuosi, passioni traballanti, istinti insopprimibili e mai sperimentati, languide ambiguità, i giovanissimi personaggi di Brodkey si affermano sulla pagina, dando vita a un’incalcolabile serie di affanni e amori controversi.
Perché perfino le madri di queste storie sono ben lungi dall’essere perfette. Spesso immature, si concedono al lettore nella loro impietosa fragilità, in preda al tracollo nervoso, all’iperprotettività, ad una distorta idea di quel che sia più conveniente per i propri figli. E tentano di imporsi, per poi ritrarsi, inorridite dalla propria lacrimosa immagine.
E a questi figli non resta che contrapporsi, incespicando continuamente e continuamente interrogandosi sulla propria inadeguatezza, per poi meravigliarsi al cospetto di tutta la bellezza che da essi stessi scaturisce, improvvisa come un’emozione, e che continua la sua imprevedibile corsa in mezzo al tramestio quotidiano, alla noia, allo sfarzo deperito di una vestaglia di seta, agli inconsolabili pianti di un neonato, alla raggelante presa di coscienza – davanti alla sfilza di casette a schiera tutte uguali – di una responsabilità da respingere; donne e uomini messi all’angolo dalla promessa di un’inesorabile caduta con cui, prima o poi, tutti dobbiamo confrontarci.
Una caduta necessaria perché quei primi amori possano occupare un posto di prestigio, quasi mitologico, nei nostri pensieri.
Brodkey fu uno dei più grandi scrittori americani del Novecento. Morì alle soglie di un nuovo millennio che, con la sua letteratura, aveva largamente previsto e raccontato.
L’attualità di questi suoi primi racconti ne costituisce prova inscalfibile. La pienezza degli attimi che coglie, prima che si infrangano sul cemento alluvionato della maturità, è suprema.
E noi abbiamo la fortuna di poterne godere a profusione, e di disperderci in mezzo ad essi, accogliendo quella loro perfetta tralucenza per riconoscerla come nostra.

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