Figlie di Brooklyn – Jacqueline Woodson

Figlie di Brooklyn racconta la perdita d’identità, lo smarrimento che la protagonista, August, prova nel momento in cui il padre allontana lei e il fratellino dalla madre – impazzita per la morte di un suo fratello in guerra – e li porta via dal Tennessee per iniziare una nuova vita a Brooklyn.

Il motivo per cui August, vent’anni dopo, scrive è per salvare, attraverso il ricordo, se stessa e quel passato del 1973, quando la sua vita di ragazzina cambia radicalmente, senza una madre, eppure lì a raccontare attraverso la sua stessa presenza proprio di quella madre, in una città nuova, mai vista, in un quartiere che è come un ghetto e come tale partorisce la sue creature, certe volte mostruose, altre volte bellissime.
A restituirle desiderio, curiosità e identità sono le tre ragazze che osserva attentamente dai vetri appannati all’ultimo piano del modesto appartamento che abita.

Il gruppo è tutto quello a cui August aspira: sicurezza, complicità, riconoscimento, empatia e bellezza. Sylvia, Gigi e Angela sono state come lei, fragili e sperdute e adesso, invece, emanano invincibilità.
Nel momento stesso in cui August riesce ad entrare nella loro cerchia, però, le ragazze rivelano, necessariamente, le loro debolezze. Di pari passo arrivano le prime cotte, i primi baci, i primi ragazzi, le prime separazioni e sullo sfondo, a manovrare le scelte e i destini delle quattro amiche ci sono le loro famiglie e le loro storie coi loro tratti distorti, sbagliati. Resistere ed esistere per il gruppo di amiche sono tentativi che vanno condivisi e che cambiano i punti deboli in forza.

In questo delicatissimo romanzo, la Woodson racconta i sogni di quattro amiche poco più che bambine, quando ancora è lecito pensare di poter essere chiunque, quando, anche se si intravede dietro al sogno l’aspettativa dei genitori, si continua a crederlo proprio, autentico, e lo fa con precisione, utilizzando frasi brevi, immediate, corte come frammenti, interpretando con così tanto realismo il ruolo dell’ adolescente smarrita da cui però sprigiona l’energia di un intero pianeta.

“Mio fratello aveva la fede ereditata da mio padre e per molto tempo io ho avuto Sylvia, Angela e Gigi: noi quattro dividevamo il peso di crescere Ragazza a Brooklyn, come fosse una borsa piena di sassi che ci passavamo l’un l’altra dicendo, Ecco. Aiutami a portarla”