Per scrivere qualche riga su questo libro ho aspettato che arrivasse la sera.
Ho aspettato perché volevo richiamare la sensazione di attesa che l’arrivo della notte porta con sé, quando il frastuono e le immagini rapide del giorno si fermano e il mondo entra in un’altra dimensione che per qualcuno è quella del sonno, del silenzio o del logorio mentale, e per qualcun altro, come per Louis e Addie, quella in cui due anime riescono a parlarsi.
Louis e Addie vivono a Holt, una cittadina americana di provincia e sono due anziani vedovi a cui la vita ha donato frutti troppo amari che poi ha esposto sotto gli occhi di tutti.
Adesso che vivono soli, i rispettivi consorti morti, decidono di trovarsi per affrontare mano nella mano le notti che verranno.
“Sto parlando di attraversare la notte insieme. E di starsene al caldo nel letto, come buoni amici. Starsene a letto insieme, e tu ti fermi a dormire. Le notti sono la cosa peggiore, non trovi?”
C’è una bellissima canzone dei Blur, che ha un ritmo molto dolce, si intitola Tenera è la notte e a me è venuta in mente mentre leggevo di Louis e Addie in un grande letto, svestiti di tutto, le anime a nudo, intrecciate.
Per ogni giorno che passa, adesso, ciò che importa è sapere che quell’oasi di salvezza, quel riparo dalla ristrettezza pettegola degli abitanti di Holt, è ad un passo dalla fine del giorno ed è lì per loro.
Kent Haruf scrisse questa storia con l’urgenza che ha un uomo quando è gravemente malato ed è purtroppo l’ultima che uscì dalla sua penna.
Un’urgenza simile si sente anche nelle parole di Addie che, ormai consapevole dell’esaurirsi del tempo, ha bisogno di raccontarsi, confrontandosi con la presenza di un altro corpo vicino al suo, di un’anima gemella che la faccia sentire viva.
Per questo motivo quando i pettegolezzi sui loro misteriosi incontri notturni iniziano a girare, Addie e Louis decidono di non curarsene e di sfidare l’opinione pubblica mostrandosi a braccetto per le vie principali di Holt, sgargianti nei loro vestiti colorati, finalmente liberi dal timore di qualsiasi giudizio.
Haruf descrive il ritmico passare delle ore del giorno attraverso gesti semplici, un pomeriggio in giardino, una gita in campeggio, una partita di softball, una cena attorno al fuoco mentre la notte diventa un susseguirsi di immagini suggerite dai sensi: la pioggia che bagna i vetri, le luci blu dei lampioni giù in strada, l’odore del vento che penetra dalla finestra, Addie e Louis mano nella mano a respirarsi vicino, sdraiati a raccontarsi la vita, a confidarsi i segreti più dolorosi.
Il tempo scorre diverso, la vita diventa amabile, il buio un amico desiderabile.
E poi, il mondo irrompe di nuovo, prepotente, e li strappa a quei momenti.
Le ossessioni di un figlio e la paura di perdere la cosa più cara risvegliano bruscamente Addie, lasciando, al posto del morbido rifugio guadagnato con Louis, delle lenzuola stropicciate e una nuova battaglia da combattere.
Usando poche parole, le più perfette, una frase dopo l’altra, Haruf ricrea il mondo di Holt, le persone che lo popolano, e il tempo che consumano vivendo.
Una frase dopo l’altra, un gesto dopo l’altro, la concretezza del giorno si alterna alla necessità della notte perché la vita possa essere, ancora, sostenibile e trasmissibile.
Con questo romanzo Haruf dice tanto, dice tutto e lo dice straordinariamente bene.
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