Quelli di sotto – Mariano Azuela

Immaginate di essere nel deserto messicano, sdraiati in mezzo alla polvere e alle pietre a guardare il cielo stellato e immaginate di sentire il clamore di un esercito di rivoluzionari che vi passa accanto, cavalli furibondi, zoccoli al galoppo, urla, imprecazioni, risa sguaiate, lamenti di uomini feriti… Siamo ai tempi di Pancho Villa e gli uomini di Demetrio Macías marciano contro i federali.
Quelli di sotto è il romanzo che vi sta facendo fare questo salto indietro nel tempo.
È stato scritto nel millenovecentosedici, ma è talmente fresco e forte nella sua struttura da far parte di quei romanzi che per me non hanno tempo e che, dal momento in cui nascono, vivono per sempre.
Mariano Azuela, che era un medico chirurgo, ai tempi della Rivoluzione Messicana, si arruolò con la fazione di Pancho Villa e, tra uno scontro e l’altro, scrisse, come una cronaca in presa diretta, la buona parte di questo romanzo.
I dialoghi sono un continuo “botta e risposta” e danno alla storia una connotazione pseudo-western: personaggi scurrili, ghigni diabolici, grilletti facili, grande abbondanza di nomignoli, violenza banale alternata a momenti di idealismo eroico.
Macías guida questi cani randagi, un plotone di “gente comune”, contadini, bottegai, insegnanti che, stanchi di subire tragiche vessazioni, si rivoltano contro il potere praticando però le stesse violenze a cui erano stati sottoposti.
Quelli che erano sopravvissuti ai federali soccombono così definitivamente sotto i colpi dei rivoluzionari che razziano, depredano, rapiscono, incendiano e giustiziano sommariamente chiunque, tanto che si fa fatica a capire da quali ideali di giustizia fossero, alla fine, animati.
Lo stesso Macías si sente come trasportato dalla rivoluzione, essa è il destino, il fato e una volta che la si abbraccia non si può far altro che obbedirle.
«Vi domanderete perché milito ancora nella rivoluzione. La rivoluzione è un uragano, e l’uomo che vi aderisce non è più un uomo, ma una misera foglia secca in balia della forza del vento…»
Mi piace aprire una parentesi per ricordare che nel romanzo c’è un personaggio femminile pazzesco, la Truccata, una corsara fuori dall’acqua, una predona insaziabile, disgraziatissima, spietata, inserimento geniale di Azuela che così colora e vivacizza la seconda parte della storia.
L’ho amata molto.
Lo scrittore Carlos Fuentes dà una definizione, secondo me azzeccatissima e quasi insostituibile, del romanzo di Azuela, dice che Quelli di sotto è un’ Iliade scalza.
Ed è vero, al posto dei capi Achei ci sono i vari Demetrio e Biondo e, anziché i nobili guerrieri greci, qui, a comporre le fila della cavalleria ci sono degli zotici, ma il modo di agire è lo stesso: portare distruzione per sé e per il nemico.
La via imboccata è senza uscita e sopra ogni cosa domina il fato, il destino, già scritto, già previsto, la stessa moglie di Demetrio, nel finale, assurge al ruolo di Pizia. Non manca proprio nessuno e come degli antichi eroi omerici, nessuno di questi uomini rifugge la sua sorte.
E questo romanzo senza tempo è bello da leggere come lo è l’epica classica.
«Perché combattete adesso, Demetrio?»
Demetrio, con la fronte aggrottata, prende distrattamente un sassolino e lo getta in fondo al canyon. Rimane assorto a osservare il dirupo e poi dice: «Guarda quel sasso non si ferma più…»