Io credo che un’imprecisa cosa felice di Silvia Greco sia la dimostrazione scientifica della felicità, perché la riproduce, una parola alla volta, un paragrafo alla volta, una scena alla volta.
È come una grande magia, una pozione dagli ingredienti segreti da cui esce un libro che ti fa stare bene e che se non ti senti bene, ti fa stare meglio.
Io non parlo di medicina, parlo di magia, perché non c’è nessuno sciroppo cattivo da mandare giù in questo romanzo, Silvia scrive meravigliosamente bene e ogni capitolo è un freschissimo acquerello di vita.
Mi è piaciuta tantissimo la scelta di scrivere il romanzo a due voci: la prima è quella di Marta, ventunenne dall’aspetto adolescenziale, in lotta con la madre e con la vita in generale; la seconda è quella di Nino, suo coetaneo, con problemi cognitivi, ragazzone dall’incredibile dolcezza e sensibilità.
Dall’alternarsi delle loro storie nasce questo romanzo che è esattamente ciò che il titolo promette: un’imprecisa cosa felice e, sebbene sia difficile dare una definizione di felicità, quello che si prova quando la felicità accade è speciale, miracoloso e riconoscibilissimo e questo romanzo ce lo racconta.
I due protagonisti fanno le cose di tutti i giorni, vivono vite semplici, forse minuscole, sicuramente un po’ strampalate, eppure sono capaci dei gesti più grandi perché essere felici è innanzitutto una scelta di coraggio.
La vita può essere subita o affrontata e Marta e Nino scelgono di affrontarla e di andare avanti: una lascia il lavoro di fiorista e si mette in viaggio con uno zio che non vede da tempo, l’altro, dopo la morte della mamma comincia a lavorare in un negozio di chincaglierie e bada alle sorelline tedesche intanto che il babbo sistema degli affari in Germania.
Sia Marta che Nino devono sobbarcarsi il peso non indifferente del proprio bagaglio emozionale: entrambi hanno avuto a che fare con la morte improvvisa di una persona cara, una morte sbalorditiva, arrivata assurdamente, una di quelle disgrazie che non puoi prevedere e che lasciano quasi incoscienti dal dolore, dallo stupore.
Eppure entrambi, con coraggio, mettendo in fila le cose, un passo dopo l’altro, portano avanti il loro piccolo piano personale con cura e con amore e, anche quando sembra che questo amore sia stato spazzato via, si riprendono qualcosa di questa vita, com’è giusto che sia e tornano a sorridere, anche se a qualcosa hanno rinunciato e a qualcosa continuano a rinunciare.
Deliziosamente scritto, i personaggi più che entrarti nel cuore diventano pezzi di anima, commoventi e divertenti, profondissimi e semplici e lasciarli, alla fine del romanzo, dispiace davvero tanto.
“Il verde è il colore del profumo dei prati, il rumore del silenzio buono, quello che riposa gli occhi e dentro ci infila la meraviglia del mondo”
Questo romanzo è come la coperta di lana buona con cui ci si scalda in un istante, è come una lama di luce che fende il buio di una stanza chiusa, è il giocattolo che arriva inaspettato ancora prima di sapere cosa sia un giocattolo, è la possibilità, attraverso la memoria e il coraggio, di poter essere ancora felici.
E allora, si può confezionare la felicità? Sì, Silvia Greco c’è riuscita.
“Se il destino ti prende e ti dice ehi, tu, sì, proprio tu, con il mio potere immenso io ora, adesso, subito, ti nomino sovrano dei felici. Vai e sii gattoso. Devi, puoi.
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