I MOOSBRUGGER – Monika Helfer

Prendiamo delle matite e proviamo a disegnare il passato, mettiamo tutte le cose in fila, una casetta ai piedi delle montagne, una donna che stende piccoli panni a un filo tirato tra due ciliegi.

La donna di questa storia ha occhi profondissimi e neri, così come i suoi capelli e quelli del marito e ama vestirsi di bianco, per mettere in risalto una bellezza superba a cui ogni uomo del paese si piegherebbe volentieri se solo lei glielo permettesse. La donna di cui stiamo parlando si chiama Maria e fa parte, insieme ai suoi numerosi figli e al marito degli “Emarginati”. Così come sono stati soprannominati dai loro compaesani.

Siamo nell’Austria dei primi del Novecento, esattamente alle soglie del primo grande conflitto bellico e Maria è la nonna dell’autrice che tenta, intrecciando il fili del passato – grazie all’aiuto di una zia, una delle figlie di Maria – a quelli del presente, di ricostruire il mistero di quelle vite, da cui discende e di cui sa così poco.

“La realtà si insinua nel disegno, fredda e spietata”, è questa la chiave per trasformare la memoria in letteratura. Lasciare che la realtà entri nei ricordi, che li smantelli e li ricomponga, che assuma il giusto punto di vista per raccontarli e restituirli nella loro più stringente verosimiglianza. Mónika Helfer è riuscita in questa trasformazione e ci racconta dei suoi antenati, così fieri e splendidi, liberi di vivere ai margini della società e anche di pagarne le conseguenze.

Maria è talmente bella da suscitare l’invidia di tutte le donne del paese e la brama di tutti i loro mariti. La sua è una bellezza sconvolgente, che lascia segni di morsi sulla pelle. Per questo, quando suo marito Joseph, uomo taciturno abituato al dolore che tempra, viene chiamato alle armi, Maria diventa facile preda degli uomini che le ronzano attorno e che si trasformano in sciagure per la donna e i suoi figli piccoli.

Helfer conferisce loro la stessa forza e la stessa fragilità degli animali quando vengono braccati e noi, che leggiamo, siamo spinti verso di loro da grande empatia e commozione. I piccoli Moosbrugger si ritrovano senza la protezione del padre a doversi arrangiare per il sostentamento, sempre in bilico tra la stagione dell’infanzia e quella di una maturità di cui non si sarebbero dovuti fare carico. La madre stessa, del resto, oscilla tra due diverse stagioni e la sua genuina mancanza di malizia ce la rende ancora più cara.

Questo è I MOOSBRUGGER: il memoir di una donna alla ricerca delle proprie radici e della verità su gente che si è dovuta arrabattare fin da subito, alle prese coi torti, con la fame, coi pregiudizi e con le questioni d’onore. La storia di una famiglia persa tra le montagne austriache di un secolo fa, la cui vita, scandita più dagli elementi naturali che da quelli antropici, ha ancora molto da dirci e da suggerirci.

E così il disegno che avevamo abbozzato all’inizio si è progressivamente rovesciato in un quadro conclusivo, in cui sono presenti tutti gli Emarginati di questa storia, ognuno intento a fare il suo. La Helfer cita un quadro del Cinquecento, realizzato da Bruegel, si intitola “Giochi di bambini”e oltrepassa come mai prima d’ora le barriere del tempo, a dimostrazione del fatto che l’arte, laddove può dirsi tale, è in grado di vincere grandi battaglie.