L’ECLISSE DI LAKEN COTTLE – TIFFANY McDANIEL

Aveva più o meno vent’anni Tiffany McDaniel – come dichiara nella lettera di accompagnamento alla mia copia del suo nuovo romanzo, L’ECLISSE DI LAKEN COTTLE – quando pensò a questa storia e si mise a scriverla.


Vent’anni, penso io, e mi dico che vent’anni ancora non sono niente rispetto a tutto quello che potremmo anche solo intuire del mondo. E invece, a vent’anni, Tiffany McDaniel scrive uno dei romanzi più acrobatici e interessanti di sempre.
Il tutto parte da un’idea che, bene o male, può aver sfiorato ognuno di noi: la fine del mondo, un’apocalisse che si annuncia con lentezza, accartocciando prima gli angoli dello spazio per come lo conosciamo e che poi, un centimetro alla volta, ingloba tutto il resto, esseri umani compresi.
Il fascino degli ultimi istanti è una condizione quasi voyeuristica che da sempre interessa il pensiero e la ricerca umani. Come si sono comportati i primi abitanti del pianeta davanti alle catastrofi? Avevano contezza di quel che stava capitando? Quali speranze conservavano rispetto a quella che per loro era, con grande verosimiglianza, la fine del mondo?
E noi? Come ci comporteremmo?
Nel pormi questa domanda, noto che la mia mente si dissocia. Non posso, credo per autoconservazione, confrontarmi con un pensiero del genere.
Piuttosto lo esorcizzo convogliando l’attenzione sulla storia, cercando di uscirne più saggia, con la chiara consapevolezza di quanto la vita sia fragile.

Tiffany McDaniel – con grande lungimiranza – decide di partire proprio dalla più grande delle paure umane.
Una sfida niente male per una scrittrice allora esordiente e pure giovanissima che, con questo romanzo, non solo vince quella scommessa iniziale, ma le va ben oltre e confeziona una storia eccezionale, fuori dalla norma, che per la maggior parte del tempo svia il lettore con passaggi complicati, di natura gotica, horror, surreale, e che, nonostante questa complicazione letteraria così artistica, il lettore riesce a tenerselo ben stretto, incuriosendolo, circondandolo di simboli, imbevendolo nel sogno terroso di un corvo maledetto.

Che la McDaniel fosse brava e capace di cose straordinarie era cosa nota già da tempo, con L’ESTATE CHE SCIOLSE OGNI COSA e IL CAOS DA CUI VENIAMO ci aveva abituati ad un livello alto di narrativa, tanto che, rifendoci a lei, ci è venuto subito naturale parlare di letteratura. Le storie che tiene nel pugno – e con le quali ci tiene in pugno – contengono tutta la crudezza della vita, la frazionano, la rivoltano e la restituiscono nella sua inquietante ambiguità, senza farci mistero di un male tangibile che bussa alle nostre porte spesso sotto mentite spoglie.

Ma con Laken Cottle, Tiffany crea un universo intero, lo cura nei minimi, grotteschi, gotici, macabri dettagli; la perfezione della realtà parallela con cui ci tenta è paragonabile a certi mondi Burtoniani, così come lo stupore che suscita. Case che strabordano maledizioni, torture e omicidi, personaggi dai connotati rivoltati e rivoltanti: è questa l’eclisse a cui assistiamo, quella della ragione.
La perdita dei confini è totale e, azzerata ogni possibilità di orientamento, il percorso di Laken, così macabro e imprevedibile, si alterna all’avanzare del nulla e allo sgretolamento del creato. È Tiffany a dettare i ritmi da carillon stregato dello spazio infinito in cui ci precipita, l’inconcepibile distanza che intercorre tra la morte di una stella e la luce da noi percepita.

Non aspettatevi quindi un libro come gli altri, L’ECLISSE DI LAKEN COTTEN è un romanzo che vola alto e supera qualsiasi schema di genere.
Ma questa è soprattutto una storia che bisogna meritarsi, passo dopo passo, cucitura dopo cucitura, perché il cerchio alla fine si chiude e a noi non resta che ammirarne la perfetta, sfavillante curvatura.

«La tua vita è stata una sofferenza di stelle»