Bottigliette – Sophie van Llewyn

 

Bottigliette, come quelle in cui la zia di Alina rinchiude esseri umani dopo averli debitamente rimpiccioliti. Bottigliette che contengono mini storie, attimi che ritraggono Alina e suo marito Liviu mentre vivono, si innamorano, litigano e resistono al regime di Ceauşescu nella Romania degli anni Settanta.
Non c’è libertà, in quegli anni, nemmeno tra le mura di casa, ogni sforzo è volto a nascondersi da una sorveglianza criminale che sembra intercettare anche i pensieri. Allora Alina e Liviu – che, da quando il fratello di Liviu è scappato a Ovest e Alina ha difeso una sua alunna colpevole di aver portato a scuola una rivista proibita, sono perseguitati come potenziali traditori della patria – per parlare alzano il volume della radio, aprono tutti i rubinetti, e tentano in ogni modo di sopravvivere a un’esistenza drammatica e violenta coltivando il sogno di un’imminente fuga segreta.
Ad intercettare le confidenze dell’anima di Alina ci pensa però la persona che meno di tutte ci aspetteremmo: sua madre che, fanatica fautrice del regime, è disposta a tutto purché la figlia non se ne vada, anche a tradirla, condannandola ad una feroce persecuzione che presto finisce in molestia sessuale.
Alina è talmente spersa dentro ad un mondo così assurdo che lo scambio tra surrealtà e realtà avviene per osmosi e i confini sfumano naturalmente tra di loro. Cronaca e leggenda si fondono attraverso il meccanismo della flash fiction, in cui istanti di vita condensati in poche righe o pagine, compongono un quadro di ampio respiro che spazia dalla storia al folkore.

Eppure gli strigoi e gli spiriti ancestrali invocati da zia Theresa – memorabile personaggio intriso di luce e magia – non fanno paura quanto la privazione della libertà individuale che l’autrice ci racconta in tutta la sua drammaticità attraverso gli occhi di Alina e i repentini cambi di persona, dalla prima alla terza, scomponendo il tessuto narrativo in vivide vedute che, come filtri diabolici dai poteri illimitati, movimentano l’immaginazione di chi legge.

Sophie van Llewyn riesce con grande originalità a rappresentare gli orrori della Romania comunista e contemporaneamente a tratteggiare con intensità e grazia il mondo interiore di una donna che cerca la libertà sopra ogni cosa con quel cuore che le si blocca in petto per il troppo battere, “come un uomo che cerca di uscire da un edificio in fiamme”.