La casa sul lago e quei segreti che vengono a galla
Accade tutto in un weekend a casa Starling: dopo un primo, tragico evento, le coscienze dell’intera famiglia vengono messe a dura prova e si denudano, mettendo in luce i meccanismi meno evidenti alla base di ogni sistema familiare. Senza timori, David James Poissant indaga un intero universo di emozioni e ne sviscera la natura: tradimenti, rancori, sensi di colpa, inadeguatezze, dipendenze. Sembra che la famiglia Starling sia un concentrato di debolezze, sembra che stia su un pianeta a parte, eppure – contrariamente a quel che fanno i suoi componenti, monadi inquiete che si sfiorano solo per fare scintille – noi possiamo osservarla da molto vicino.
Per raccontare la sua storia, unione di tante intimità, l’autore sceglie un luogo nostalgico, la seconda casa sul Lago Christopher nel North Carolina, forziere zeppo di ricordi lontani, di giovinezza e infanzia, quando Michael e Thad, ancora ragazzi, incarnavano promesse di felicità e i loro genitori, Lisa e Richard, erano la classica coppia innamorata con dei sogni da realizzare. Dietro la vernice patinata che ogni famiglia stende sulle proprie dinamiche – ogni famiglia lo fa, più o meno consapevolmente – sta questa casa, il nucleo da cui partire per scrostare segreti arrugginiti che non reggono più il peso smisurato di una struttura ormai sfuggita al controllo di tutti. Ed è proprio nella perdita del controllo che risiede la salvezza della famiglia tutta perché, quando gli equilibri appesantiti dal tempo cambiano e non è più sufficiente tacere, serve un bilanciamento che passi prima per l’ammissione.
Come la stessa Lisa, arrivata ad una certa età, rivela – “Voglio quello che vuoi tu” non sono le parole giuste –, un matrimonio è trovare un compromesso, saper combinare amore e odio nella giusta formula, è somma di assennatezza e istinto in cui tutti, a turno, sono vittime e carnefici. Si arriva cioè ad un punto in cui tutto il sommerso deve uscire perché il “sistema famiglia” – questa comunità di anime che vive sotto una stessa egida, che non deve per forza iscriversi nelle fisicità delle case o dei luoghi abitati, quanto piuttosto in un’interiorità condivisa – funzioni. Quel che è imprigionato sul fondo del lago torni allora a galla, infezione portata al parossismo, incontenibile bolla in procinto di esplodere, e dalle acque torbide di questo groviglio esistenziale erompa la verità, scandalosa, scomoda, spaventosa, urlante effige che sfoggia i volti dell’adulterio, dell’alcolismo, della psicosi, dell’aborto e dell’omosessualità.
In questa passeggiata sulla fune, a cui Poissant, così generosamente, ci invita, nessuno sfugge all’opinione che ha di se stesso, eppure tutti si salvano, sostenuti dagli intrecci di una rete costruita per resistere. La stessa morte è indagata, così come la vita, in una prospettiva più ampia, eppure non infinita – perché se esiste un dio, chissà che scuse potrà mai addurre –, quella della sospensione: un momento perfetto, che non soggiace alle leggi dell’universo ma le sovrasta, incorruttibile, seppur finito.
“Solo questo, rimanere un istante – perduti, amati, dispersi – prima che gli avvoltoi scendano a ripulirti fino all’osso”
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