Vincent Van Gogh è un nome che sicuramente rimane nel cuore di molti. Fu un artista straordinario, precursore dell’espressionismo, diede fondo a tutta la passione che aveva in corpo tramutandola in cieli stellati, vorticosi, in campi di grano fitti, turbati, scuri nei loro gialli, in mani callose, rovinate dai campi, in scarpe sdrucite alla tomaia, in universi interi dentro ad una stanza fatta di colori primari, essenziali nel racconto di un letto, due sedie e un tavolino, deformando la prospettiva per restituirla secondo una più intensa connotazione emotiva. Va da sé allora che Vincent Van Love sia il titolo perfetto per questo sorprendente graphic novel firmato da Ernesto Anderle e pubblicato da Becco Giallo.
L’intento perfettamente riuscito del libro è quello di mettere in risalto un aspetto forse meno considerato dell’artista: la capacità di emozionarsi, di intenerirsi e di gioire per la vita, la possibilità di trovare angoli di pace in una vita tumultuosa, fatta di delusioni cocenti, amicizie tradite e affetti troppo lontani. Di Van Gogh si ricordano troppo spesso i gesti estremi – la mutilazione dell’orecchio – e gli episodi di pazzia che culminarono con quel colpo di pistola al petto tra i campi di grano che così spesso aveva disegnato mentre poco si conosce della parte che forse ha innescato proprio quel lato più oscuro alimentandolo con l’impossibilità di sopportare un mondo che gli arrivava troppo ferocemente, seppur nella sua bellezza.
Anderle sceglie perciò di mettere in risalto l’umanità di Van Gogh, raccontandone l’attaccamento per la vita, la necessità di immergersi nella natura per sentirsi vivo e riuscire a dipingere, l’ostinazione quasi ingenua a perseverare con un mestiere che non gli dava da vivere e che gli procurava una vita fatta di isolamento e incomprensioni. La ricerca dell’amore nelle sue più diverse forme, la ricerca parimenti dell’amicizia, l’importanza dei sogni e dell’autostima, il mettersi costantemente alla prova con quel che meno si sa fare per riuscire poi a farlo, sono alcuni degli aspetti che l’autore tocca nel suo graphic novel fatto di vignette delicate, dai colori tenui, abbinate ai pensieri più intimi e leggeri del grande pittore, intervallando griglie che sviluppano una vicenda – l’amicizia burrascosa con Gauguin ad esempio – a pagine dedicate unicamente all’esplicitazione quasi aforistica di una riflessione – “Non posso cambiare il fatto che i miei quadri non vendono. Ma verrà il giorno in cui la gente riconoscerà che valgono più del valore dei colori usati nel quadro”.

Alla profondità degli scritti dell’artista – tratti dalle numerose lettere che Van Gogh scrisse in vita, molte delle quali al fratello Theo – si somma l’altissima qualità dei disegni di Anderle che ne rafforza la portata emotiva.
È così che Vincent Van Love diventa un’esperienza intima, vibrante, in cui precipitare, avendo come supporto alle parole sia l’immagine pura dello schizzo a china sia il tratto più scuro e pulito del disegno ad acquerello. Un cadere dentro ad un quadro, in una dimensione quasi onirica suscitata dalla bravura di Anderle che coglie appieno la più nascosta natura del grande artista olandese.

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