Inizia con una prospettiva a volo d’uccello l’esordio di Julia von Lucadou, la stessa prospettiva che si avrebbe compiendo un salto nel vuoto dal più alto grattacielo della città verso il cuore della terra con solo un elastico a fare ponte tra la vita e la morte e, nel balzo, poter riconoscere in nuce il brivido che vivifica, la boccata di adrenalina necessaria a portare avanti un’esistenza.
Riva Karnovsky, la più grande tuffatrice della capitale di una società distopica, però di voglia di saltare non ne ha più e improvvisamente si rifugia in un ostinato silenzio che viene ritenuto illegittimo. In un mondo in cui ogni frammento di vita è catturato da una telecamera, misurato da un’app, calibrato sulla base di modelli prestabiliti di felicità e benessere senza passare dalle emozioni, Riva perde il diritto alla sua umanità. La società per cui lavora e grazie alla quale ha ottenuto tutti quei benefici senza i quali non sarebbe nessuno, un appartamento di lusso, la possibilità di vivere in una città che è “la città, simbolo della società bene, separata nettamente dalla periferia, concepita come ghetto, purgatorio e inferno per tutti coloro che non si sottopongono alle misurazioni, alle etichette, alle prove da stress, ha inviato una psicologa del lavoro – Hitomi Yoshida – perché scopra le debolezze di Riva e la convinca a riprendere con gli allenamenti e i tuffi nel vuoto.
Ossessionata dall’esigenza di primeggiare al lavoro, Hitomi gioca ogni carta che ha nel mazzo per tentare di risolvere la depressione di Riva, spiandola da ogni angolazione possibile, invadendone ogni spazio, fisico e spirituale, alla ricerca della falla che ha mandato in corto circuito un sistema basato sul controllo assoluto, sulla perfezione delle misure e l’eccellenza dei risultati, giocando il ruolo dell’emissario privo di scrupoli finché la vita di Riva non inizia a sovrapporsi alla sua, in un gioco di specchi e rispondenze che ne scopre l’umanità ormai sepolta sotto un cumulo di dati e notifiche.
Scarno è lo stile di von Lucadou, caratterizzato dall’ intromissione nel periodo di brevi frasi in inglese – stereotipi aggiuntivi con cui si comunica l’indice di gradimento di una serata galante o di un rapporto sessuale, schemi attraverso cui si esprime anche il pensiero dei personaggi – e nudo, come la società al neon che descrive, asettica, essenziale e terribile, la frase allora plasma il contesto, diventandone lo strumento descrittivo perfetto.
In un precipizio di elenchi di divieti, doveri, standard da raggiungere, obiettivi da centrare in cui ognuno è orfano, figlio adottivo e mai veramente accettato di una società che tutto misura, giudica e condanna, e in cui il fallimento automaticamente si traduce in uno scarto del sistema trasformando l’essere umano in una scoria da eliminare prontamente, “La tuffatrice” si colloca tra i migliori romanzi distopici di questi tempi, quelli dallo scenario più probabile perché più strettamente adesi alla nostra realtà.
“Evitare i seguenti argomenti: politica, religione, sessualità. Evitare le opinioni personali, le battute, i pettegolezzi. Evitare gli spigoli. Evitare la luce diretta del sole. Evitare la sensazione di non avere una via d’uscita“
Disponibile in eBook e dal 14 MAGGIO 2020 IN LIBRERIA
(Carbonio Editore, traduzione di Angela Ricci, pp. 252, 8.99 €/16.50 €)

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