Quasi tutto velocissimo – Christopher Kloeble

È una realtà che si gioca su più piani e che va a ritroso nel tempo – dai giorni nostri fino ad una lontana notte del 1912 – quella su cui Kloeble impianta questo smagliante romanzo di formazione. Albert, appena diciannovenne, si trova a dover far i conti con l’imminente morte del padre, Fred, a cui sono stati prospettati solo pochi mesi di vita. Fred però più che un padre è per Albert un amico speciale, non è mai stato in grado, infatti, di badare a se stesso a causa di un pesante ritardo mentale che lo fa vivere in una dimensione esclusiva, impenetrabile, in cui però il figlio necessariamente si insinua per risalire alle sue origini e scoprire l’identità della madre mai conosciuta.

Tra le estasi di Fred, che guarda il mondo con occhi innocenti nell’incapacità di filtrare le emozioni, dalle più delicate alle più istintive e rabbiose, concepite nella purezza di chi non possiede una coscienza adulta, e le domande esistenziali di Albert che prova a dare un senso alla sua vita e a definire un amore, preda della caratteristica insicurezza nata dall’abbandono, la storia si dipana fitta, attraverso gli anni e le terre prealpine, luoghi popolati da figure gotiche come impresari funebri, abitanti perduti di villaggi dimenticati, probabili antieroi, fenomeni da baraccone e donne di una sensualità sconvolgente. Kloeble è magistrale nel creare un’atmosfera stregata, da fiaba, persa nelle nebbie del passato, e nell’alternarla al tempo presente, più realistico, che affronta il drammatico tema della perdita e dell’accettazione.

Ad accomunare i due salti temporali, una sola stirpe ed uno stuolo di personaggi elettrizzanti per varietà e completezza. Mai unilaterali o scialbi, i protagonisti della storia di Kloeble sono volubili e imprevedibili eppure lo slancio eroico con cui si stagliano sullo sfondo è riconducibile alla stessa matrice del lettore, quella umana.

“Quasi tutto velocissimo” è un romanzo dal contrasto marcato in cui i neri e i bianchi sono costretti a sbilanciarsi per trovare un nuovo equilibrio, secondo una singolare partitura che restituisce un’inattesa visione d’insieme.

Io non dimentico mai niente. Ricordo l’inizio, la fine e tutto ciò che sta in mezzo. Ho visto una storia diventare Storia, e viceversa”