Disturbante e adrenalinico, Cape Fear, il romanzo, si insinua ancora più nelle profondità della mente del lettore che non la sua famosa trasposizione cinematografica, dove uno straordinario Robert De Niro la fa da padrone.
La partita nel romanzo si gioca più dal punto di vista di Sam Bowden, avvocato, ottimo marito e padre di famiglia che anni prima ha rovinato la vita a Max Cady, uomo violento e brutale colto in flagrante mentre stuprava una ragazzina.
Da quando Cady è uscito di prigione la sua unica missione è farla pagare a Bowden e, contrariamente a quanto ci si aspetterebbe da un delinquente di bassa lega, ordisce una trama fine e inquietante per raggiungere il suo scopo. La vera vendetta per Cady è quella trasversale, volta a colpire gli affetti più cari e MacDonald suona molto bene sui tasti dell’ansia che colpisce Bowden ad ogni passo, perché nessuno si può sentire o dire veramente al sicuro, e l’avvocato gioca ogni carta a sua disposizione per mettere in salvo la famiglia.
Con Cape Fear si naviga in acque mosse e per ogni ondata attraversata ne arriva una di proporzioni maggiori, ma sono i muri d’acqua che si intuiscono dietro l’orizzonte a far più paura.
È interessante come MacDonald faccia lavorare Il personaggio di Cady in sottofondo, come una voce che mai si interrompe, una minaccia che mai viene meno, da temere ancora di più nel silenzio, e che le paranoie di Bowden esaltano e rigenerano ad ogni capitolo.
Il mito dell’uomo giusto e retto, fautore di un progresso iniziato negli anni ’50 cede il passo alla sopravvivenza, e Cady, così ferino e inesorabile, si cristallizza nell’immaginario del lettore come un incubo primitivo che incombe anche quando l’ultima riga é stata scritta.
L’incalzare bestiale e la lotta per la sopravvivenza calati nella modernità fanno di Cape Fear un romanzo unico, un tumultuoso ribollire di passione e istinto.