Soledad ha quasi sessant’anni, una carriera avviata e prestigiosa come organizzatrice di mostre ed eventi, una vita agiata e un ex-amante, più giovane di lei di diversi anni, che l’ha “tradita” con la moglie da cui adesso aspetta un figlio. La rottura è giunta in modo imprevedibile e inesorabile e, stando alla regola secondo cui tutti si è vittime o carnefici di qualcuno, tocca alla brillante Soledad reagire ad una sconfitta bruciante. E lei, indistruttibile e traboccante di grinta, ingaggia un gigolò, Adam, per mostrarsi in pubblico e fare ingelosire l’uomo che l’ha epicamente sedotta e abbandonata. Quella sera però, all’uscita da teatro, accade qualcosa che travolgerà sia lei che il suo accompagnatore e da cui avrà origine un rapporto che andrà ben al di là del puro scambio economico/sessuale.
La Montero apre così uno squarcio nella parte più intima dell’animo di una donna in lotta contro il tempo e contro le vestigia di un’infanzia fatta di abbandoni, prevaricazioni e delusioni che ha segnato profondamente la sua anima e per contro l’ha dotata di un equipaggiamento da difesa efficiente ed esclusivo. Non a caso l’autrice, per la sua protagonista, ha scelto il nome di Soledad – Solitudine – perché questa donna di successo, brillante e con una sensibilità fuori dal comune è anche incredibilmente sola: non una famiglia, non dei figli di cui occuparsi, e se è vero che dall’amore ci si può aspettare di tutto è anche vero che è impossibile e innaturale opporglisi e che l’isolamento emotivo, prima o poi, viene percepito come un disagio sottocutaneo, una ridicola rigidità da abbattere per potersi dire felici.
In carne e cuore è un romanzo che brucia di passione, la stessa che alimenta lo spirito degli uomini e che , in alcuni casi, li fa eccellere e che la Montero indaga a più livelli: a far da sfondo alla storia della protagonista è, infatti, una mostra da lei stessa organizzata sugli scrittori maledetti, quelli che danneggiarono o uccisero loro stessi, magari inconsapevolmente, magari per caratteristiche necessarie alla loro indole artistica, e che tuttavia si spinsero oltre i limiti riconosciuti dalla società, aprendo nuove piste da esplorare.
La stessa sfacciata bellezza fisica di Adam, il gigolò, perde in attrattiva se comparata al magnetismo che la non più giovane e complicata Soledad continua ad emanare e il tema della coppia in cui è lei ad essere la più anziana tra i due viene trattato con intelligenza e ironia, svelando l’inconsistenza di uno e la grande carica seduttiva dell’altra.
Soledad è perciò artista della vita perché riesce ad ottenere risultati geniali e rari partendo da situazioni sfavorevoli, al limite del grottesco, da cui si libera come il più grande degli illusionisti fa con le sue catene e, nonostante non si riconosca questa qualità, il suo istinto prevale sulle sue elucubrazioni e la cava spettacolarmente d’impaccio, tra una paranoia e un mugugno.
La Montero crea un personaggio irresistibile che illumina a giorno ogni pagina di questo romanzo e racconta con capacità, generosità e slancio le storie tumultuose di chi ha vissuto della propria arte, afferrando e interpretando tutto quello che il destino sempre sparpaglia nella vita di ognuno per lastricarci poi strade nuove, da percorrere con consapevolezza di sé e orgoglio.
Ne esce un libro che si distingue per genialità, lucidità e maestria narrativa e che appaga, senza appesantimenti, la brama di originalità e bellezza del lettore.
“Forse la scrittura potrebbe essere un lenitivo per il buio, pensò. Se non altro, avrebbe potuto acchiappare i pensieri, le emozioni e fissarli sulla carta, come chi lancia una bottiglia nel mare del tempo”

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