É un libro minuzioso questo di Déborah Lévy-Bertherat, pieno di dettagli e angoli di vie, seminato di indizi e di ritagli di fotografie, frammenti di viaggio che parlano di avventura e sogno che la protagonista, Hélène, si trova ad inseguire pagina dopo pagina alla ricerca del prozio Daniel, noto scrittore sotto pseudonimo di romanzi per ragazzi, che ha fatto perdere le tracce di sé.
Hélène, promettente studiosa di archeologia, dovrà quindi scavare a piene mani dentro di sé e tra le vestigia dei quartieri storici della capitale francese per riportare alla luce reperti importanti che interessano la vera identità dello zio e che ridefiniranno, capovolgendola dolcemente, anche la sua vita.
La Lévy-Bertherat conduce, commuovendo e svelando lentamente la storia, per le vie di una Parigi presente e passata, fondendo memorie, ricordi ammantati di mistero, amore e sofferenza, e aneddoti avventurosi usciti dai libri scritti da zio Daniel, pezzi dai bordi irregolari di una storia che si mescola ai sogni di Hélène e che costruiscono una strada sospesa tra realtà e fantasia, un percorso dorato, fatto apposta per sostenere il peso di una verità sempre più estesa che emerge, espandendosi con dolore, dalle nebbie del tempo.
L’invito che porge questo romanzo, e che si accoglie volentieri, è quello di perdersi tra le righe, fini e aggraziate dell’autrice che, dosando sentimento e invenzione, tratta il tema straziante e mai rimarginato dei rastrellamenti degli ebrei e racconta una storia di sopravvivenza e rifugio, una storia in cui riconoscersi tutti.
La brevità del testo è inversamente proporzionale alla dimensione dell’avventura che ne scaturisce e fa riflettere sulla relatività del tempo quando si legge o quando si sogna. In poche righe o pochi minuti ci si cala dentro a innumerevoli vite, si può essere infiniti e viaggiare intorno al mondo percependo anche la più piccola goccia di pioggia ad una velocità che fa concorrenza a quella dei personaggi di Jules Verne.
Questo contrasto stimola enormemente la fantasia del lettore e lo abitua ad un viaggio immaginario sempre più intenso, in continua accelerazione, che lascia la soddisfazione particolare che si prova solo davanti ad un bel libro: la gratitudine di aver visto e sentito così tante cose da restarne stupefatti e la consapevolezza che sia i sogni che i libri sono dei posti sicuri dove andare, a cui tornare e da cui partire senza paura e che aiutano di certo ad affrontare con uno sguardo più coraggioso la vita, qualsiasi cosa la vita sia.
“Alla fine si è addormentata. Nel sogno il terreno del cimitero di Tolosa era ricoperto di ceneri indurite e lei portava alla luce, con una cazzuola e un pennello, una piccola testa”

Devi accedere per postare un commento.