Neve, cane, piede – Claudio Morandini

L’inverno sopraggiunge e Adelmo Farandola scende in paese per le ultime provviste poi, fino al disgelo, resterà in casa, non abbandonerà la montagna su cui si sente di regnare incontrastato.
Adelmo Farandola è l’uomo primitivo, signore del territorio che abita, dominatore delle bestie che lo popolano, detentore di ogni suo segreto, è l’uomo delle nevi, che non scende mai a valle, è la figura che inquieta, quella su cui imbastire storie, è il vecchio ostile che prende a sassate i turisti e che sparerebbe ai guardiacaccia, è quello che parla con gli animali e sente le voci.

L’inverno lo passa sepolto nella sua catapecchia, con un cane randagio che, all’inizio, accoglie brutalmente e che minaccia costantemente di mangiare.
Durante l’isolamento il cane inizia a parlare, diventando il suo interlocutore principale fino alla fine del racconto, gli abitanti del villaggio compaiono sotto forma di visioni mescolandosi a ricordi e sospetti.
Le provviste alimentari finiscono prima del previsto e, ogni schianto, ogni rumore prodotto dal ghiaccio e dalla neve è un pretesto per dare vita a nuove paranoie; siamo quasi arrivati al delirio e ormai il solo modo per tenere a bada freddo, sonno e fame è quello di dialogarci.
Adesso cane e padrone sono allo stremo, più morti di fame che vivi, ma, finalmente, la neve inizia a sciogliersi e, insieme alle carcasse degli animali travolti dalle slavine, fa affiorare nuovi, macabri, segreti.

Questo di Morandini è un capolavoro, non solo per la capacità e la sveltezza narrativa, ma anche per la pienezza dei dialoghi che si fanno gustare come una tipica pietanza di montagna, mentre fuori il gelo paralizza il mondo intero e dentro, attorno al focolare, si ascoltano le leggende del posto.
Camminando per sentieri impervi, l’autore ci conduce fino alle viscere della montagna dove sembra che tutto abbia avuto inizio e che tutto lì ritorni.

“Eppure ogni valle ha i suoi racconti di uomini solitari che hanno scelto di stare proprio lassù, nelle combe più nascoste e ingrate, dove nessuno potrebbe raggiungerli e dove la vita già dura diventa impossibili. Sono racconti che si alimentano da soli, passando di bocca in bocca, secondo la fantasia di chi parla”