Doctor Sleep di Stephen King

Era stato annunciato come l’attesissimo seguito di “Shining” e difatti, da grande fan del “Re” quale sono – ho letto qualsiasi cosa King abbia pubblicato e ancora adesso vado alla ricerca di qualche suo racconto introvabile, magari contenuto all’interno di vecchie antologie horror che si possono trovare sui banchetti dei mercatini d’antiquariato -, non appena è uscito in libreria mi sono precipitata e l’ho acquistato. 
Se c’è una delle cose che ho imparato di King è che piace, e a me piace tanto, il suo modo “succulento” di raccontare le storie. 
Diciamocelo: i suoi sono libri che spesso superano le seicento pagine ma vanno giù che è un piacere, te li bevi. 
Così è anche per “Doctor Sleep”.
La trama tuttavia mostra qualche pecca qui e là, ad esempio il fatto che il grande protagonista del primo romanzo, “l’Overlook Hotel”, sia stato distrutto e non ritorni in questo seguito a me è dispiaciuto molto, l’ho accusato come una connessione mancata tra i due libri. Mi è mancato anche il personaggio di Wendy che fa solo una piccola apparizione all’inizio del racconto, per poi sparire del tutto. 
Ho trovato poi poco convincenti dal punto di vista del puro terrore i personaggi negativi, una banda di vampiri giramondo organizzati con camper che, al posto del sangue, succhiano il dolore dei ragazzini che possiedono lo “Shining”, torturandoli a morte.
Mi aspettavo di reincontrare le vecchie conoscenze fatte nelle stanze e nei corridoi dell’albergo, spiriti inquietanti di gente morta, cadaveri in decomposizione, bambine scannate e fiumi di sangue. 
Quelli sono i giusti elementi che fanno breccia nella mia immaginazione e producono ondate di un terrore talmente puro che poi, addormentarsi da soli nel proprio letto diventa impossibile. 
Belli invece i protagonisti positivi, gli eroi della vicenda: Danny, che ritroviamo grande e che ci pare di non aver mai conosciuto davvero, ci stupirà grazie all’approfondita analisi psicologica che King compie sul suo personaggio, rendendolo molto reale e vicino a noi.
E poi c’è Abra, una ragazzina con lo stesso tipo di poteri che aveva Danny da bambino, solo più amplificati e quindi, non è una bimba così indifesa come potrebbe sembrare. 
Per concludere: i fan del “Re” ameranno comunque il libro che si legge bene e ha personaggi e risvolti interessanti, (anche se devo, devo proprio, rimarcare il fatto che molti degli elementi che richiamano “Shining” mancano) ; per chi invece fan di King non lo è, beh, in tal caso non è forse questo il suo lavoro migliore o comunque quello da cui partire. 
Tra i più recenti suoi, io mi sentirei più di consigliare “22/11/’63”, o “Joyland”, ma quelle sono altre storie. 
😉
S.M.

Sara Manfroni © Riproduzione riservata