Al suo primo romanzo Ghila Piattelli, scrittrice italo-israeliana di talento, mette a punto una memorabile storia corale giocata sulle diverse angolazioni dell’amore. I suoi protagonisti incarnano le varie forme del sentimento: c’è Giuditta, battagliera ottantenne di origini italiane, visceralmente innamorata della sua discendenza, c’è suo nipote Yoni, studente universitario un po’ imbranato, il più coccolato, “l’eletto”, designato proprio da Giuditta per accompagnarla in un definitivo tour dei cimiteri d’Israele alla ricerca della giusta dimora eterna, c’è Ahuva, avvocatessa di successo imbrigliata dentro ad un passato invincibile, buco nero in cui i confini dell’amore si sfilacciano e Zvika, illustre specialista di medicina cementato dentro ad un amore ferreo, qualitativamente migliore, quello che nulla chiede in cambio perché basta a se stesso.
Insistendo sulle vicissitudini dei membri di questa famiglia, il romanzo della Piattelli si snoda sinuoso, scaltro, ironico e smagliante dentro ad una comicità tipicamente israeliana che però ci ricorda anche l’Italia, degnamente rappresentata da colei che funge da perno della situazione: nonna Giuditta. Giuditta ci fa venire in mente la Zia Mame di Dennis, per stravaganza e schiettezza, ma quest’ottantenne, trapiantata in Israele per amore, conserva anche un’eleganza d’altri tempi e latitudini: la raffinatezza delle tovaglie e delle ceramiche da tavola che usa per le grandi occasioni, le scarpette di vernice sempre lucide, i tailleur tinta confetto confezionati su misura e, a completamento del quadro, un orgoglio invincibile.
Con nonna Giuditta non si viene a patti, è lei che, materna e autorevole, guida i passi di tutta la famiglia in una danza antica, quella del ricordo – assurgendo a memoria futura nei piccoli gesti d’amorevolezza o nelle tirate d’orecchi – un rituale che si consuma lungo i viottoli dei cimiteri in cui trascina il nipote. Ogni racconto, ogni avventura extra con Giuditta dilata il tempo di permanenza di nonna e nipoti su questa terra, e si traduce in un’accurata manutenzione sentimentale.
Dentro a questo sproporzionato saliscendi temporale e sentimentale, si sciolgono i nodi che tengono in ostaggio la felicità di tutta la famiglia. Nonna Giuditta tiene i fili, ancora per un po’ – noi vorremmo che li tenesse per sempre -, quel tanto che basta per dare ai suoi cari il tempo di guarire dalle ferite collaterali di qualcosa che è accaduto molti anni prima e che nessuno osa riesumare.
L’appuntamento a cui siamo tutti invitati e a cui ci dispiacerebbe mancare è quello che Giuditta ci dà sulla punta di una forchetta, la stessa che, un giorno, mentre sovrappensiero la portiamo alla bocca, ci ricorderà, estemporanea madeleine proustiana, dei pranzetti esclusivi a casa di nonna, delizioso privilegio di ogni nipote che possa dirsi amato.

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